Se cercate avventura, natura selvaggia, fatica e tanto sudore allora potete fare il sentiero che, partendo dopo il cimitero di Sulmona, va in direzione Pescocostanzo! La notte trascorre tranquilla nel mio bivacco improvvisato, solo ad un certo punto mi sveglio sentendo qualcosa vicino alla testa, sbircio oltre la sacca dei vestiti che mi fa da cuscino e chi mi vedo illuminato dalla luna? Un enorme riccio che sta annusando evidentemente cerca di cibo! Spaventato dal mio movimento brusco, scappa come una saetta e scompare sotto a dei cespugli! Non l’ho sognato eh … era vero Dopo qualche ora mi alzo, mi lavo, mangio e comincio a camminare. Il bello di partire prima del sorgere del sole è che ad ogni passo la luce cambia e colora man mano il paesaggio intorno a te.
Inizio quasi subito ad inoltrarmi in un bel vallone fiancheggiando oliveti, ed a piegare a sinistra salendo rapidamente lungo un sentiero ben segnato, anche se a tratti di difficile percorribilità per via di una serie di alberi caduti. Si fatica, il percorso è molto ripido e, una volta superato il primo colletto, bisogna seguire i tralicci della linea elettrica e le paline del metano, unici segni antropici in un paesaggio totalmente selvaggio e maestoso. Sono nel vallone di Grascito e con il sopraggiungere del sole arrivano anche un bel gruppo di insetti che mi circondano, accompagnandomi durante la salita che ora è in totale fuori sentiero (non c’è più). Bisogna quindi risalire la montagna camminando su erba bella altina ed a tratti spinosa e seguendo a vista i pali.
Ad un certo punto inizio a sentire dei campanacci e dopo poco l’intera vista davanti a me si riempie di vacche, manzi e vitellini, che con incedere abbastanza sostenuto scendono al pascolo! Certo, direte voi, se fossero stati una schiera di Uruk-hai di Mordor sarebbe stato peggio, ma anche questi docili animali, la cui vista ben conosciamo, in presenza dei piccoli possono diventare aggressivi nei confronti di un potenziale pericolo. Ormai sono a poche decine di metri, la terra quasi trema sotto i loro zoccoli, l’unica via di uscita è andare tutto a destra e rifugiarmi in una provvidenziale macchia di arbusti intricati e piccoli alberi. Nascosto, lascio sfilare la mandria e poi riprendo a salire, ritrovando la traccia che mi porta a un cancelletto dove mi attende un problema ben più grave…
Mappa e guida mi indicano di scendere subito a destra per tagliare un’ampia curva della strada bianca; mi rendo però conto che dovrei attraversare una piccola azienda agricola, evidentemente del pastore proprietario delle mucche viste poco prima. Sto valutando come proseguire, propenso ad evitare l’attraversamento, quando una serie di ormai familiari ringhi mi conferma nell’intuizione: qui ci sono cani liberi e nessun umano in vista! Tempo di realizzare ed iniziare a fare dietrofront e due cani saltano fuori e mi si avventato contro! Me ne vado, batto le bacchette al suolo camminando via veloce ma loro continuano a inseguirmi! Una volta lontano sulla strada, tento di aggirare la casa per ricongiungermi alla strada bianca, ma essi mi vedono ed ora arrivano in cinque! Ve la faccio breve, devo allungare tagliando nei campi e ricongiungermi al percorso sano e salvo solo nei pressi degli scavi archeologici di Ocriticum, dove sono stati rinvenuti resti di templi antichi. Sito deserto e abbastanza insignificante, mi riserva comunque una piacevole sorpresa: un capanno in legno per ripararsi, con corrente elettrica fornita dai pannelli solari sul tetto! Zero acqua però.
Dopo la sosta riparto e continuo a percorrere vallate solitarie, dove spesso il sentiero è solo una traccia nell’erba, fino a raggiungere un bosco di faggi in cui riemerge l’antica strada romana Numicia, che salgo nella pace della tarda mattinata, interrotta solo dal gorgoglio del torrente. Attraversata la strada moderna, dove il ristoro è chiuso, non trovo fontane e due gentili ragazzi di passaggio mi donano un litro di acqua (ero ormai quasi a secco). Riprendo a salire nella faggeta raggiungendo un punto davvero magico: sembra il campo base di Robin Hood nella foresta di Sherwood, Faggi dai tronchi contorti e dai rami lunghissimi che si aggrovigliano tra loro creando una radura con la presenza di veri e propri alberi monumentali!
Da lì, passata un’altra fontanella senz’acqua, scendo all’Eremo di Sant’Antonio, chiuso come previsto (apre solo per la festa annuale il 13 giugno) e sono poi in un nuovo grande altopiano che attraverso tutto su strada arrivando a scorgere, in alto sul versante destro della montagna, la meta del mio trekking di oggi sul Cammino di Francesco: Pescocostanzo. Passa qualche ciclista e pioviggina un po’, giusto per farmi tirar fuori coprizaino! Nei pressi dell’Eremo di San Michele, nuovo incontro con simpatico cane lupo, che però il pastore richiama subito, tornando poi a badare all’enorme numero di mucche guidate da un asino, dallo stesso pastore e da alcuni cavalli. La cosa incredibile è vederli procedere lentamente nel prato, tutte in fila in orizzontale appena dietro all’asino. E tutte a capo chino a brucare! In paese, un gioiellino bianco tutto in salita (!), conosco Giuseppe, che ha segnato il sentiero da Sulmona e il suo amico Graziano, che mi offre la cena, deliziosa! Commosso ringrazio. Gente buona e generosa che sa riconoscere la fatica avendola provata a sua volta.
Sempre avanti, domani si arriva in Molise!
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