Passiamo un settimana buona a studiare bollettini meteo, bollettini valanghe, cartine e siti internet: la voglia di inaugurare la stagione delle ciaspole è tanta e tutte le informazioni sono confortanti. Le previsioni per il fine settimana sono belle, il pericolo valanghe rilevante solo sopra i 3000 metri e la quantità di neve nella nostra zona compresa fra 30 centimetri ed un metro. Si va al Bivacco Luca Reboulaz, 2575 m nell’alta Valle di Saint Barthelemy (AO). Partiamo sabato 19 novembre mentre gli ultimi strascichi di rovesci si stanno pigramente allontanando verso est. Arrivati di buon’ora a Porliod, poco oltre l’Osservatorio Astronomico, bianchi fiocchi danzano nell’aria e la nostra auto è l’unica nel parcheggio antistante l’area picnic. Senza perderci d’animo ci mettiamo zaino e ciaspole in spalla e partiamo, seguendo le indicazioni per il Rifugio Magià. Presto la nostra fiducia viene ripagata: grandi, soffici nubi rimangono sotto di noi, mentre sopra le nostre teste il cielo si fa sempre più terso. Nei boschi in ombra, gli abeti sono ricamati di un algido, fragile pizzo.
La strada per arrivare al Rifugio Magià è una lunga pista, pianeggiante dapprima ed a tratti in discesa. Gradualmente poi si guadagnano duecento metri di dislivello, con una salita non erta ma lenta. Attorno a noi la neve ricopre ubertosi pascoli inframmezzati da boschi di larici ed abeti e tutta la vallata è punteggiata di numerosi alpeggi, ora addormentati ma tutti efficienti e ben ristrutturati. E’ questa una differenza rispetto a quanto si può vedere in altre vallate alpine, dove molti alpeggi sono stati abbandonati e giacciono, con i loro muri stanchi, non sperando il ritorno delle mandrie.
Passato il Magià, finisce la pista battuta dal passaggio del fuoristrada del gestore. Così entriamo nella neve immacolata: certamente la fatica è maggiore, ma ancora più grande è la sensazione di pace e avventura! Da qui il tracciato fa un’ampio arco verso nord-est, salendo e seguendo il fianco della montagna ricoperta di larici e si inoltra nella parte terminale del vallone. La salita comincia a farsi un po’ più ripida fino ad arrivare all’alpeggio di Le Crottes.
Ci attende ora l’ultimo tratto di salita, il più impegnativo. Dall’alpeggio al bivacco il tracciato è molto ripido, con pendenze perlopiù di 30° che arrivano a tratti a 40° ed anche 50°. Su questi pendii la neve non è molta – 30 o 50 centimetri al massimo – è farinosa e non compattata. Si fatica tanto a salire ma lo si fa in sicurezza. Dopo venti minuti di fatica sbuchiamo sul crinale incrociando l’Alta Via n°1, mentre finalmente vediamo il bivacco poco distante!
Chiamarlo bivacco è veramente riduttivo: è una bella baita di montagna in muratura, accogliente e confortevole come un rifugio. Troviamo legna in abbondanza per scaldarci, gas per cucinare, provviste di cui non abbisogniamo ma che sono a disposizione. E’ davvero difficile descrivere la bellezza di camminare per ore nella neve, arrivare con tanta fatica in una baita a quasi 2600 metri e mentre il termometro segna -7 °C scaldarsi davanti alla stufa, mentre la minestra sobbolle allegramente! Fuori è un silenzio sconfinato, nemmeno il chioccolio della fontana a romperlo, nessuna luce all’orizzonte.
Un pensiero corre a Luca Reboulaz, giovane crudelmente caduto durante un’ascesa alla Becca di Luseney, ed ai suoi genitori, che hanno trasformato il dolore per la perdita del figlio in un lascito tanto bello per gli amanti della montagna. Andiamo a nanna sotto una montagna di coperte e dormiamo come ghiri fino alla mattina. Dopo aver spaccato un po’ di legna, rassettiamo e lasciamo questo posto bellissimo, con la promessa di tornare presto! Il ritorno si svolge senza problemi, scendiamo con attenzione il primo tratto ripido e poi possiamo rilassarci e godere dei magnifici panorami che ci circondano.
Sperando di portare qualcuno di voi la prossima volta, vi abbracciamo forte!
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